mi tocco le labbra con la penna, scendo sul mento, poi il collo. mi annoio, lo guardo. sono sfacciata in mezzo a tutti. mi guarda, lo sento. sorrido lievemente, continuo.
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la testa ribolle, il sonno mi insegue. pensieri impuri per valere qualcosa. ansia vaga, spalmata tra stomaco e cervello. fare la stupida senza mai riuscire a fermarsi, senza pietà per me stessa.
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sacchetti e borse sparsi sul pavimento, piccola bigiotteria ingarbugliata sulla scrivania, pile di libri vari, poesie e romanzi. i muri azzurri e la luce assente. i quadri scelti con cura e l'armadiatura elegante e su misura. dormo appicciata al muro.
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ogni posto in cui sono stata compone il mio essere. Li vi ho camminato e mi sono stesa e il pavimento è entrato dentro di me e ora nella mia testa è impresso un ricordo, un pezzo di cervello ha preso la forma di un luogo
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un uomo che non ho mai visto mio, al quale ho perdonato tutto. un uomo che ha avuto il mio ribrezzo dal quale mi sono lasciata dilaniare. un uomo che desidera la tua carne davanti al quale umiliarsi.
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vivere in funzione del dolore, lacerarsi per potersi sentire la vita scorrere nelle vene. identificarsi con il dolore. essere il proprio dolore. il terrore della guarigione come perdita del sé.
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